DPL Modena: le novità in materia di lavoro previste dal decreto legge sulle semplificazione (D.L. n. 5/2012)

 

DPL Modena ha estrapolato, dal Decreto Legge in materia di semplificazione (n. 5 del 9 febbraio 2012), le disposizioni riguardanti la materia lavoro:

 

L’art. 14 afferma alcuni principi che possono così sintetizzarsi:

a)      L’attività di controllo deve essere ispirata ai principi di proporzionalità anche in relazione agli adempimenti burocratici ed alla effettiva tutela del rischio e nel rispetto del principio di coordinamento tra amministrazioni statali, regionali e locali;

b)      Le amministrazioni pubbliche, individuate dall’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001, debbono pubblicare sul loro sito istituzionale e su quello www.impresainungiorno.gov.it, la lista dei controlli cui sono assoggettate le imprese in relazione alla dimensione ed al settore, indicando i criteri e le modalità di svolgimento;

c)      Il Governo è autorizzato ad emanare regolamenti volti a razionalizzare e coordinare i controlli sulle imprese e sono emanati dal Ministro della Funzione Pubblica di concerto con quello dell’Economia e con i Ministri competenti per materia;

d)      I regolamenti si debbono ispirare ai principi di proporzionalità dei controlli e dei connessi adempimenti, della tutela degli interessi pubblici, della eliminazione di attività di controllo non necessarie, di coordinamento e di programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni con l’obiettivo della eliminazione delle duplicazioni e delle sovrapposizioni in modo tale da “recare il minore intralcio all’attività d’impresa”, definendo la frequenza e tenendo conto degli accertamenti già effettuati. Altri principi ispiratori dei regolamenti concernono “la collaborazione amichevole con i soggetti controllati alfine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità”, la informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, la soppressione dei controlli sulle imprese in possesso di certificazione UNI EN ISO - 9001 o un’altra appropriata emessa da un organismo “in linea” con quanto previsto dal Regolamento CE 2008/765, per le attività oggetto di tale attestato;

e)      Le Regioni e gli Enti locali, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione, debbono conformare le attività di controllo di loro competenza ai principi sopra indicati;

f)       In materia fiscale e finanziaria continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.

 

L’art. 15 afferma che a partire dal 1° aprile 2012, la competenza al rilascio dell’autorizzazione per  l’astensione anticipata dal lavoro per maternità viene suddivisa tra ASL e Direzione territoriale del Lavoro: ciò avviene attraverso alcune modifiche introdotte nell’art. 17 del D.L.vo n. 151/2001.

In sostanza l’ASL provvederà a rilasciare l’autorizzazione, secondo le modalità definite nell’ambito della Conferenza Stato – Regioni, per:

a)      gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

La Direzione Territoriale del Lavoro procederà, invece, per le altre due ipotesi già considerate dall’art. 17 e precisamente:

b)      allorquando esistano condizioni di lavoro od ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;

c)      allorquando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo la previsione contenuta negli articoli 7 (lavori vietati) e 12 (valutazione dei rischi).

Le altre modifiche  sono la conseguenza della nuova ripartizione delle competenze: in particolare è cambiato anche il comma 4, laddove il potere discrezionale previsto (in teoria) a favore dei servizi ispettivi non c’è più nel caso in cui dall’accertamento “in via autonoma” o su richiesta della lavoratrice, emerga una situazione pregiudizievole.

Va, altresì, opportunamente ricordato come il comma 5 non sia cambiato, per cui i provvedimenti emessi hanno natura definitiva.

 

L’art. 16 introduce alcune disposizioni finalizzate a porre l’INPS in una situazione centrale di controllo relative ad una serie di attività, prevedendo, al contempo, alcune misure finalizzate alla modernizzazione dei pagamenti. Queste sono le misure principali:

a)      Dal 1° maggio 2012 tutti i pagamenti ed i versamenti delle somme dovute, a qualsiasi titolo, all’INPS sono effettuati soltanto con strumenti di pagamento elettronici, bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate e le carte ex art. 4 della legge n. 122/2010;

b)      L’INPS diverrà l’Ente su cui confluiranno, in via telematica, tutti i dati relativi alle prestazioni sociali erogate da una serie di Enti: tutto questo in una logica di semplificazione e razionalizzazione della programmazione e della gestione delle politiche sociali;

c)      Le comunicazioni sopra indicate, integrate con i dati relativi alle condizioni economiche dei beneficiari e dagli altri dati pertinenti, presenti negli archivi dell’Istituto, alimenteranno il c.d. “casellario dell’assistenza”, previsto dall’art. 13 della legge n. 122/2010. Le informazioni raccolte saranno, tra le altre cose, inviate in forma individuale ed anonima, al Ministero del Lavoro e, con riferimento all’ambito territoriale, alle regioni ed alle province autonome ed agli altri Enti pubblici responsabili della programmazione di prestazioni e servizi sociali e socio-sanitari: tutto questo per l’alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali, previsto dall’art. 21 della legge n. 328/2000;

d)     Per le stesse finalità e per disporre di una base unitaria di dati funzionale alla programmazione integrata delle politiche socio-sanitarie e per rendere più efficace l’azione volta alla tutela delle persone non autosufficienti, le informazioni, anche sensibili, previste al punto c), trasmesse dagli Enti socio-sanitari attivati in favore delle persone disabili, sono integrate e coordinate dall’INPS con quelle raccolte dal Nuovo sistema informativo sanitario e dagli altri sistemi informativi dell’INPS. Ugualmente, tutte le notizie sono trasmesse, in forma anonima, e con le medesime modalità agli stessi soggetti individuati al precedente punto c);

e)      Il comma 5, intervenendo sull’art. 38, comma 3, della legge n. 122/2010 assegna all’Istituto un ruolo centrale ancora più centrale nella repressione delle prestazioni indebite. Il nuovo comma 3 dell’art. 38 della legge n. 122/2010 conferma l’applicazione della sanzione amministrativa, comminata dall’INPS, compresa tra 500 e 5.000 euro nei confronti di coloro che hanno fruito illegittimamente di prestazioni sociali agevolate, con l’ovvia ripetizione dell’indebito. Viene, tra le altre cose, cambiato, il quarto periodo del comma 3 il quale afferma che “le medesime sanzioni si applicano nei confronti di coloro per i quali si accerti sulla base dello scambio di informazioni tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate una discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali o altre componenti dell’ISEE, anche di natura patrimoniale, note all’anagrafe tributaria e quanto indicato nella dichiarazione sostitutiva unica”. In presenza di una discordanza rilevata (è questo il tenore di una frase aggiunta attraverso le modifiche all’articolo), l’Istituto comunica all’ente che ha erogato la prestazione sia le risultanze dell’accertamento che il valore dell’ISEE ricalcolato sulla base di ciò che è stato acquisito dall’Agenzia delle Entrate. Nei casi diversi dall’accertamento del maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione può essere immediatamente erogabile, l’ente erogatore invita l’interessato a chiarire i motivi della discordanza. In assenza di osservazioni e nel caso in cui le stesse non vengano accolte, si procede con la sanzione amministrativa che è “irrogata in misura proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito” e, comunque, nei limiti compresi tra 500 e 5.000 euro;

f)       L’INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sia sulla misura che sul diritto e provvede al recupero di quanto pagato in eccedenza entro l’anno successivo a quello di acquisizione dei dati o a quello successivo nel quale le amministrazioni finanziarie hanno reso disponibili le informazioni reddituali o le eventuali integrazioni;

g)      Con D.M. del Ministro del Lavoro, sentiti l’INPS e l’INAIL, sono individuati criteri di valutazione dell’efficienza e della qualità dei servizi svolti dai patronati;

h)      L’INPS per gli anni 2012 e 2013 è autorizzato ad avvalersi di avvocati professionisti esterni per l’attività di difesa e rappresentanza in tutte le sedi giudiziarie: tutto questo, con l’obiettivo di migliorare la gestione del contenzioso legale nelle materie previdenziali ed assistenziali.

 

L’art. 17, oltre a modificare l’art. 24 del D.L.vo n. 286/1998, afferma (comma 1) che attraverso la comunicazione obbligatoria anticipata al centro per l’impiego ex art. 9-bis della legge n. 608/1996, il datore di lavoro assolve anche a tutti gli obblighi di comunicazione della stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato concluso direttamente tra le parti per l’assunzione di un lavoratore con permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato in corso di validità.

L’art. 24 del T.U. n. 286/1998 viene modificato nei commi 2 e 3, sicchè, ora, la normativa di riferimento prevede che nel caso in cui siano trascorsi venti giorni dalla presentazione dell’istanza per l’ingresso di un lavoratore extra comunitario per lavoro stagionale e lo sportello unico per l’immigrazione non abbia espresso il proprio diniego, la domanda si intende accolta in virtù del principio del silenzio-assenso, qualora sussistano due precise condizioni:

a)      la richiesta riguardi un lavoratore già autorizzato nell’anno precedente a prestare la propria attività lavorativa presso lo stesso datore di lavoro;

b)      il lavoratore stagionale sia stato effettivamente assunto dal datore di lavoro ed abbia rispettato tutte le condizioni inserite nel permesso di soggiorno.   

Nel “corpus” normativo viene, poi, inserito un nuovo comma il 3-bis  con il quale si stabilisce che, fermo restando il periodo massimo di nove mesi del permesso di lavoro stagionale, l’autorizzazione si intende prorogata ed il permesso di soggiorno può essere rinnovato nel caso in cui si presenti una nuova opportunità di lavoro stagionale offerta dallo stesso o da altro datore di lavoro.

L’art. 17 continua, poi, intervenendo sul regolamento attuativo  del T.U. n. 286/1998, con alcuni chiarimenti relativi agli articoli 38 e 38-bis del DPR n. 394/1999 ed introducendo un ulteriore periodo al comma 3 dell’art. 38 – bis: queste sono le novità:

a)      l’autorizzazione al lavoro può essere concessa a più datori di lavoro, dopo il primo, che utilizzano lo stesso lavoratore stagionale in periodi successivi, ed è rilasciata a ciascuno di essi pur se il lavoratore si trovi, legittimamente nel nostro Paese, a causa dell’avvenuta instaurazione del primo rapporto di lavoro stagionale: il lavoratore è esonerato dall’obbligo di rientro nel proprio Paese per il visto consolare d’ingresso , ed il permesso è rinnovato fino alla scadenza del nuovo rapporto stagionale, nel rispetto del limite massimo (nove mesi);

b)      la richiesta di assunzione per gli anni successivi al primo, può essere effettuata da un datore di lavoro diverso da quello che ha ottenuto il nulla osta triennale al lavoro stagionale.

 

L’art. 18 interviene su un problema, quello delle assunzioni extra nei pubblici esercizi che nel corso degli anni aveva suscitato molte perplessità interpretative sia alla luce dell’art. 10, comma 3, del D.L.vo n. 368/2001 che dell’art. 1, comma 1180, della legge n. 296/2006 che dell’interpello n.18 dell’11 luglio 2007, peraltro, emanato allorquando non era stato ancora abrogato il libro paga e matricola nel quale tutte le assunzioni dovevano essere registrate prima dell’inizio della prestazione. Ora, la normativa è più chiara in quanto si applica al settore dei pubblici esercizi la stesse disposizioni in uso nel settore del turismo dopo l’intervento operato dall’art. 4, comma 2, della legge n. 183/2010, sull’art. 9 bis, comma 2, della legge n. 608/1996.

Per tutte le assunzioni (anche extra) del settore pubblici esercizi va fatta la comunicazione anticipata prima dell’instaurazione del rapporto: se il datore di lavoro non ha tutti i dati è sufficiente inviare, in via preventiva, al centro per l’impiego, con le modalità usuali, quelli relativi al nome del prestatore e alla tipologia contrattuale, fermo restando l’obbligo della integrazione entro il terzo giorno successivo. Di conseguenza, viene, contestualmente, espressamente abrogato il secondo periodo del comma 3 dell’art. 10 del D.L.vo n. 368/2001.

 

L’art. 18, al comma 3, interviene con alcune piccole modifiche nel “corpus” dell’art. 4 del DPR n. 333/2000 in merito alla richiesta di sospensione degli obblighi occupazionali che si ha, per le imprese industriali, in presenza di interventi integrativi di CIGS o di solidarietà (art. 1, comma 1, legge n. 863/1984) o, in tutti i settori, in presenza di una procedura di mobilità. La novità più importante è rappresentata dal fatto che l’istanza, allorquando riguardi imprese con unità produttive ubicate in più province, va inviata oltreché al servizio della Provincia ove insiste la sede legale, anche al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

L’art. 19 interviene sull’art. 39, comma 7, della legge n. 133/2008 fornendo chiarimenti sulle nozioni di omessa ed infedele registrazione.

Con la prima si afferma che per “omessa registrazione” occorre far riferimento alle  scritturazioni “complessivamente omesse” e non a ciascun singolo dato del quale manchi la registrazione: ciò significa che sotto l’aspetto sanzionatorio va considerata un’unica violazione che fa riferimento a tutte quelle che sono tra loro connesse. Tale orientamento era già stato espresso dal Ministero del Lavoro nel c.d. “vademecum” del 5 dicembre 2008, alla sezione C (risposta n. 5).

Diverso è, invece, il concetto (sotto l’aspetto sanzionatorio) che occorre seguire nel caso in cui ci si trovi ad una infedele registrazione da cui emerga una volontà commissiva del trasgressore finalizzata, il più delle volte, ad una evasione di natura contributiva e fiscale. In questo caso vanno applicate tante sanzioni quante sono le registrazioni infedeli (più violazioni determinatesi anche attraverso una pluralità di azioni, pur se riferibili ad un unico disegno): il provvedimento normativo richiama, sul punto espressamente, i commi 1 e 2 dell’art. 39 e le sanzioni applicabili sono quelle individuate dal comma 7. L’orientamento che ora è previsto in un atto normativo era già stato anticipato del Ministero del Lavoro con l’interpello n. 47/2011.

 

L’art. 21 riscrive il comma 2 dell’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003 affermando che “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno  degli eventuali subappaltatori entro il limite dei due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di TFR, nonchè i contributi previdenziali ed i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.

La disposizione (che si riferisce ai soli committenti privati, per effetto della previsione contenuta nell’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 276/2003) non è altro che l’ultima intervenuta sull’argomento che, nel corso degli anni, ha subito profonde modificazioni (basti pensare all’art. 35, comma 34, della legge n. 248/2006, al provvedimento amministrativo delegato, peraltro, mai entrato in vigore, perché, in gran parte abrogato, dal D.L. n. 96/2008, all’art. 26 del D.L.vo n. 81/2008 sulla responsabilità solidale in materia di salute e sicurezza, o all’art. 8 della legge n. 148/2011 che consente, nella logica dei cd. “contratti di prossimità”, di “toccare”, con accordo di secondo livello,anche aziendale, la materia degli appalti).

Alcune breve delucidazioni si rendono necessarie.

La prima riguarda il contenuto della solidarietà. Rispetto al vecchio testo che parlava solo di “contributi previdenziali dovuti”, la disposizione aggiunge “in chiaro” ciò che prima era sottinteso: essa si estende anche ai premi assicurativi (es. INAIL) dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto, nonché al trattamento di fine rapporto (ovviamente, “pro quota” riferito al periodo di esecuzione del contratto).

La seconda concerne i committenti privati esclusi: non essendo stato “toccato” il comma 3- ter dell’art. 29 risultano esclusi dalla solidarietà i committenti persone fisiche che non esercitano un’attività di impresa o professionale.

La terza riguarda i committenti pubblici: essendo esclusa “ex lege” la solidarietà prevista dall’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003, non può che applicarsi l’art. 1676 del codice civile il quale riconosce la possibilità di proporre azione diretta nei confronti del committente, per conseguire quanto dovuto, fino alla concorrenza del debito che lo stesso ha nei confronti dell’appaltatore al momento della proposizione della domanda. Su questo punto, tuttavia, si inserisce, a garanzia della posizione contributiva e retributiva dei lavoratori dipendenti dall’esecutore del contratto di appalto pubblico, dei subappaltatori o dei cottimisti ex art. 118, comma 8, del D.L.vo n. 163/2006, la previsione contenuta nel Titolo II del DPR n. 207/2010 agli articoli 4 e 5. Tale provvedimento è il regolamento di esecuzione del Decreto Legislativo appena citato: quest’ultimo disciplina tutta la materia relativa agli appalti pubblici. Ebbene, l’art. 4 tratta l’intervento sostitutivo del responsabile del procedimento nel caso in cui risulti un’ottemperanza contributiva da parte di alcuni dei soggetti (esecutore o subappaltatore) interessati all’appalto. I versamenti contributivi ed assicurativi e quelli alla cassa edile sono effettuati direttamente e la stazione appaltante pubblica effettua , nella progressione dei pagamenti, una ritenuta dello 0,50% che sarà svincolata dopo la fase del collaudo ed in presenza della regolarità contributiva attestata dal DURC. L’art. 5, invece, definisce, in maniera puntuale, la procedura da seguire in presenza di inadempienze contributive. Anche qui il responsabile del procedimento funge da “motore”, nel senso che nell’ipotesi in cui vi sia un ritardo ingiustificato nei pagamenti  scrive ai datori di lavoro interessati (esecutore o subappaltatore): non ricevendo risposta, provvede direttamente al soddisfacimento delle competenze economiche che saranno “defalcate” dall’ammontare complessivo del lavoro appaltato. Qualora i datori di lavoro interessati (esecutore o subappaltatore) rispondano alle richieste del responsabile del procedimento con una formale contestazione con la quale contestino la loro “inottemperanza” verso i lavoratori interessati, quest’ultimo interessa sollecitamente la Direzione Territoriale del Lavoro, tenuta a svolgere i necessari accertamenti.

 


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