Consulta: l'integrazione degli extracomunitari

 

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 300 del 22 luglio 2005, ha respinto il ricorso del Governo contro la legge regionale n. 5/04 dell'Emilia Romagna con la quale sono state dettate norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati.

 

ORDINANZA N. 91 ANNO 2005


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Fernanda CONTRI; Giudici: Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, commi 1 e 2, della legge 12 giugno 2003, n. 134 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti), promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Firenze con ordinanza del 17 settembre 2003 (iscritta al n. 485 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza in data 11 novembre 2003 (iscritta al n. 486 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza del 9 ottobre 2003 (iscritta al n. 509 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza del 4 novembre 2003 (iscritta al n. 510 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza del 3 febbraio 2004 (iscritta al n. 605 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza in data 11 dicembre 2003 (iscritta al n. 623 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2004), con ordinanza del 9 dicembre 2003 (iscritta al n. 624 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2004).

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Firenze ha sollevato, con sette ordinanze di analogo tenore (r.o. numeri 485, 486, 509, 510, 605, 623 e 624 del 2004), questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, commi 1 e 2, della legge 12 giugno 2003, n. 134 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti);

che, in particolare, ad avviso del rimettente sarebbero violati l'art. 3 della Costituzione, in quanto la disciplina censurata «consente di formulare la richiesta [di applicazione della pena] oltre il termine fissato dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen.», e l'art. 111 Cost. perché, su richiesta dell'imputato, viene imposta una sospensione del dibattimento non inferiore a quarantacinque giorni, con decorrenza dalla prima udienza utile successiva alla data di pubblicazione della legge;

che, quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., il rimettente osserva che mentre l'istituto del patteggiamento persegue, in via generale, uno scopo fondamentalmente deflativo, la disposizione transitoria censurata, consentendo la presentazione della richiesta anche quando il dibattimento è in fase avanzata, frustrerebbe le finalità dell'istituto;

che la sospensione di quarantacinque giorni a fronte della semplice richiesta dell'imputato contrasterebbe con il principio della ragionevole durata del processo, inteso come garanzia non solo per l'imputato, ma per tutte le parti processuali e per la collettività in generale;

che inoltre la disposizione censurata, fissando il termine per la proposizione della richiesta dell'imputato a far data dalla prima udienza utile successiva alla pubblicazione della legge, anziché dalla sua entrata in vigore, contrasterebbe con l'art. 3 Cost. e con il principio della ragionevole durata del processo;

che l'applicazione della pena nel corso del dibattimento sacrificherebbe anche l'esercizio del diritto di azione della parte civile costituita;

che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate, essendo analoghe a quella recante il n. 747 del registro ordinanze del 2003, per la quale era stato a suo tempo depositato atto di intervento, contestualmente allegato.

Considerato che tutte le ordinanze censurano, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, la disciplina transitoria prevista dall'art. 5, commi 1 e 2, della legge 12 giugno 2003, n. 134 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti), nella parte in cui consente di formulare la richiesta di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 1 della medesima legge, anche nel corso del dibattimento, oltre il termine stabilito dall'art. 446, comma 1, cod. proc. pen., e impone, su richiesta dell'imputato, una sospensione del dibattimento per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni per valutare l'opportunità di chiedere l'applicazione della pena;

che, avendo tutte le ordinanze per oggetto la medesima questione, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

che questioni identiche sono già state dichiarate infondate da questa Corte con la sentenza n. 219 del 2004, sulla base del rilievo di ordine generale che il legislatore gode di ampia discrezionalità nel regolare nei processi in corso gli effetti temporali di nuovi istituti processuali o delle modificazioni introdotte in istituti già esistenti, e che le relative scelte, ove non siano manifestamente irragionevoli, si sottraggono a censure di illegittimità costituzionale;

che, successivamente a tale sentenza, ulteriori questioni del tutto analoghe, sollevate dallo stesso rimettente, sono state dichiarate manifestamente infondate con ordinanza n. 420 del 2004;

che, non risultando profili diversi o ulteriori rispetto a quelli già valutati nelle pronunce richiamate, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, commi 1 e 2, della legge 12 giugno 2003, n. 134 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.

F.to:
Fernanda CONTRI, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2005.
 

Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA

 

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