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              REPUBBLICA ITALIANA
              IN NOME 
              DEL POPOLO ITALIANO 
              LA CORTE 
              COSTITUZIONALE 
              composta 
              dai Signori: 
              -        
              
              
              Franco         BILE              Presidente 
              -        
              
              Giovanni 
              Maria FLICK                Giudice 
              -        
              
              
              Francesco      AMIRANTE                " 
              -        
              
              
              Ugo            DE SIERVO         
                   
              " 
              -        
              
              
              Paolo          MADDALENA         
                   
              " 
              -        
              
              
              Alfio          FINOCCHIARO       
                   
              " 
              -        
              
              
              Alfonso        QUARANTA                " 
              -        
              
              
              Franco         GALLO                   " 
              -        
              
              
              Luigi          MAZZELLA          
                   
              " 
              -        
              
              
              Gaetano        SILVESTRI         
                   
              " 
              -        
              
              
              Sabino         CASSESE           
                   
              " 
              -        
              
              
              Maria Rita     SAULLE            
                   
              " 
              -        
              
              
              Giuseppe       TESAURO                 " 
              -        
              
              
              Paolo Maria        NAPOLITANO       
              
                    " 
              ha 
              pronunciato la seguente 
              SENTENZA 
              
              nel giudizio di legittimità costituzionale 
              degli 
              artt. 5 e 6 
              della legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di 
              enfiteusi), promosso con ordinanza del 24 aprile 2007 dal 
              Tribunale ordinario di Ferrara nel procedimento civile vertente 
              tra Mignone Francesco ed altri e Bernasciutti Nadia ed altre, 
              iscritta al n. 532 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
              Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie 
              speciale, dell'anno 2007. 
                  
              Udito 
              nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice relatore 
              Alfio Finocchiaro. 
 
              
              Ritenuto in fatto 
                  1 – 
              Con ordinanza del 24 aprile 2007, il Tribunale ordinario di 
              Ferrara ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42, secondo e 
              terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità 
              costituzionale degli artt. 5 e 6
              della legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme 
              in materia di enfiteusi), nella parte in cui, per i rapporti di 
              enfiteusi urbana ed edificatoria costituiti anteriormente al 28 
              ottobre 1941, non prevedono che il valore di riferimento per la 
              determinazione del capitale ai fini dell'affrancazione delle 
              stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di 
              coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con 
              una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la 
              effettiva realtà economica. 
                  
              Riferisce il rimettente che, con ricorso depositato il 13 giugno 
              2000, Bernasciutti Nadia, Verri Roberta e Verri Anna Rita, 
              acquirenti con atto notarile del 30 luglio 1997 di un fabbricato 
              urbano di vecchia costruzione sito in Ferrara, gravato da 
              enfiteusi urbana costituita anteriormente al 28 ottobre 1941, e 
              precisamente con atto notarile del 10 ottobre 1921, per un canone 
              annuo perpetuo pari a lire 2.250 (lire duemiladuecentocinquanta), 
              hanno chiesto, ai sensi degli artt. 2 e seguenti della legge 22 
              luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
              fondiarie perpetue), l'affrancazione del fondo, previo deposito 
              della somma che il Tribunale avesse determinato come capitale 
              d'affranco. 
                  Con 
              comparsa depositata in data 31 gennaio 2001 si sono costituiti 
              nella procedura i controinteressati Mignone Francesco, Mignone 
              Michelangelo e Mignone Giuseppe, quali eredi dei concedenti 
              l'immobile gravato dalla enfiteusi in questione, che, nel merito, 
              hanno lamentato l'inadempimento delle ricorrenti per morosità nel 
              versamento dei canoni enfiteutici, chiedendo, in via 
              riconvenzionale, la risoluzione del contratto enfiteutico (con 
              devoluzione del fondo in proprio favore) e, in subordine, per 
              l'ipotesi di accoglimento della domanda di affrancazione, la 
              determinazione del più equo capitale di affranco. 
                  Con 
              provvedimento del 29 settembre 2001 il giudice della fase 
              sommaria, verificata la regolarità del contraddittorio e tenuto 
              conto che il canone annuo convenzionalmente fissato all'inizio del 
              rapporto enfiteutico in questione era pari a lire 2.250, ha 
              determinato il capitale di affranco, in applicazione del combinato 
              disposto degli artt. 5, 6 e 9 della legge n. 1138 del 1970, nella 
              somma complessiva di lire 664.740, pari a 15 volte l'ammontare del 
              canone annuo originario moltiplicato per 16 volte ai sensi 
              dell'art. 1 della legge 1° luglio 1952, n. 701 (Norme in materia 
              di revisione di canoni enfiteutici e di affrancazione), e 
              rivalutato in base ai parametri dell'ISTAT per il periodo 1° 
              gennaio 1963 - 31 dicembre 1968 (ai sensi dell'art. 6 della legge 
              n. 1138 del 1970). Successivamente, con ordinanza emessa in data 4 
              aprile 2002, il giudice, verificato il deposito della somma da 
              parte delle ricorrenti presso l'ufficio postale di Ferrara, ha 
              disposto l'affrancazione del fondo in oggetto. 
                  Con 
              atto depositato in data 7 agosto 2002 Mignone Francesco, Mignone 
              Michelangelo e Mignone Giuseppe hanno proposto formale 
              opposizione, ai sensi dell'art. 5, comma quinto, della legge 22 
              luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
              fondiarie perpetue), avverso l'ordinanza di affrancazione. 
                  Nel 
              corso del giudizio, è stata disposta consulenza tecnica d'ufficio 
              per la determinazione del capitale di affranco del fondo 
              enfiteutico in questione. Il consulente tecnico ha stimato in euro 
              685.000 il valore del fondo. 
                  Dopo 
              la precisazione delle conclusioni il rimettente, ritenuta la 
              rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione, ha 
              sollevato d'ufficio la suddetta questione di legittimità 
              costituzionale. 
                  Quanto 
              alla rilevanza della questione, viene evidenziato che nel giudizio
              a quo è stata proposta rituale domanda, ai sensi dell'art. 
              5, comma quinto, della legge n. 607 del 1966, di determinazione 
              del capitale di affranco di un fondo gravato da enfiteusi urbana 
              ed edificatoria costituita il 10 settembre 1921. 
                  Quanto 
              al profilo della contestata legittimazione attiva dei Mignone, si 
              osserva che appare indubitabile l'interesse ad agire, ai sensi 
              dell'art. 5, comma quinto, della legge n. 607 del 1966, dei 
              suddetti Mignone, quali eredi degli originari titolari del dominio 
              diretto sul fondo in questione, e che proprio in tale veste sono 
              stati legittimamente convenuti dagli enfiteuti nella fase sommaria 
              del giudizio, introdotta con il ricorso di cui all'art. 2 della 
              legge n. 607 del 1966. 
                  Ai 
              fini della decisione sulla domanda di determinazione del capitale 
              di affranco, proposta ai sensi dell'art. 5 della legge n. 607 del 
              1966, tenuto conto che in base all'art. 9 della legge n. 1138 del 
              1970 «l'affrancazione del fondo si opera in ogni caso [...] 
              mediante il pagamento di una somma pari a 15 volte l'ammontare del 
              canone», è necessario ed imprescindibile, osserva il Collegio 
              rimettente, fare applicazione dell'art. 5 della legge n. 1138 del 
              1970, il quale stabilisce che «il canone annuo delle enfiteusi 
              urbane ed edificatorie non può essere superiore a quello fissato 
              all'inizio del rapporto enfiteutico, salva, per i rapporti 
              costituiti anteriormente al 28 ottobre 1941, la rivalutazione di 
              cui alla legge 10 luglio 1952, n. 701», e dell'art. 6 della legge 
              n. 1138 del 1970, per effetto del quale è prevista in ogni caso la 
              rivalutazione dei canoni, a richiesta della parte interessata, «in 
              misura proporzionale al mutato potere di acquisto della lira, 
              quale risulta dalle statistiche dell'ISTAT, dal 1° gennaio 1963 (o 
              dalla data di costituzione del rapporto se successiva) al 31 
              dicembre 1968». 
                  
              Secondo il giudice a quo, applicando il suddetto criterio 
              di calcolo al caso in decisione, nel quale il canone enfiteutico 
              annuale all'origine del rapporto è stato dalle parti «stabilito 
              invariabilmente in lire 2.250 annue, il capitale di affrancazione 
              risulterebbe ad oggi pari ad euro 337,62, somma da ritenersi 
              sostanzialmente del tutto irrisoria o comunque inferiore al 
              livello di una equa valutazione, tenuto conto del fatto che la 
              porzione immobiliare urbana di cui è causa ha, nel complesso, un 
              valore di mercato pari ad euro 685.000, secondo le stime 
              effettuate dal consulente tecnico d'ufficio nella relazione 
              peritale agli atti del giudizio». 
                  Il 
              Collegio a quo si fa carico della sentenza n. 53 del 1974, 
              con la quale la Corte costituzionale, nel dichiarare la 
              inammissibilità della questione di legittimità costituzionale 
              dell'art. 9 della legge n. 1138 del 1970 – con cui era stato 
              introdotto anche per le enfiteusi urbane o edificatorie il 
              criterio di calcolo del capitale in misura pari a quindici volte 
              l'ammontare del canone, già stabilito per le enfiteusi rustiche 
              con l'art. 1, quarto comma, della legge n. 607 del 1966 –, aveva, 
              tuttavia, affermato che gli artt. 5 e 6 della legge n. 1138 del 
              1970 erano disposizioni che potevano ritenersi «ineccepibili sotto 
              il profilo della legittimità costituzionale, se riferite alle 
              enfiteusi costituite anteriormente all'entrata in vigore del libro 
              della "proprietà" del codice civile». Nella citata sentenza n. 53 
              del 1974, la Corte, facendo proprie le considerazioni che nella 
              pronuncia n. 37 del 1969 erano state già ritenute determinanti in 
              materia di enfiteusi su fondi rustici ai fini della declaratoria 
              di incostituzionalità dell'art. 1 della legge n. 607 del 1966, 
              nella parte in cui tale norma si riferiva anche ai rapporti 
              costituiti successivamente alla data del 28 ottobre 1941, ha 
              sostenuto che «il diritto a chiedere la revisione periodica del 
              canone riconosciuto ad entrambe le parti dall'art. 962 del codice 
              civile, ha conferito al contratto un nuovo elemento di rilievo, 
              rispetto al tipo tradizionale, talché la data del 28 ottobre 1941 
              segna una importante demarcazione tra i rapporti di antica o meno 
              recente costituzione e quelli costituiti e svoltisi 
              successivamente, sotto la garanzia della possibile operatività di 
              quel diritto, e di un sistema normativo in cui la posizione 
              giuridica del concedente era stata oggetto di più equilibrata 
              considerazione, nel fine di promuovere la costituzione di nuovi 
              rapporti». 
                  Sulla 
              base di tali motivazioni, pertanto, la Corte costituzionale, con 
              la citata sentenza n. 53 del 1974, aveva adottato una decisione 
              analoga a quella già presa nel 1969 per le enfiteusi rustiche in 
              relazione all'art. 1 della legge n. 607 del 1966, dichiarando 
              l'illegittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge n. 
              1138 del 1970 di disciplina delle enfiteusi urbane ed 
              edificatorie, nella parte in cui comprendevano nella normativa 
              anche i rapporti costituiti successivamente alla data del 28 
              ottobre 1941, «per i quali la possibilità di rivalutazione dei 
              canoni prevista dall'art. 6 con esclusivo riferimento al periodo 
              1° gennaio 1963 - 31 dicembre 1968 risulta manifestamente 
              inadeguata a sostituire il criterio di revisione stabilito 
              dall'art. 962 del codice civile». 
                  
              Secondo il rimettente, alla declaratoria di parziale 
              incostituzionalità delle norme di cui agli artt. 5 e 6 della legge 
              n. 1138 del 1970 è conseguito, quindi, che per le enfiteusi urbane 
              costituite in epoca anteriore al 28 ottobre 1941, come quella 
              oggetto del presente giudizio, costituita il 10 settembre 1921, 
              l'affrancazione si opera ancora mediante pagamento di una somma 
              corrispondente a 15 volte il canone enfiteutico, il quale «non può 
              essere superiore a quello fissato all'inizio del rapporto 
              enfiteutico, salva [...] la rivalutazione di cui alla legge 1° 
              luglio 1952, n. 701» (art. 5 della legge n. 1138 del 1970), oltre 
              alla rivalutazione ISTAT, a richiesta della parte interessata, per 
              il periodo 1° gennaio 1963 - 31 dicembre 1968 (art. 6 della legge 
              n. 1138 della 1970). 
                  Alla 
              luce, tuttavia, dell'esiguità della somma che si otterrebbe nella 
              fattispecie applicando le norme attualmente vigenti per l'affranco 
              delle enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 1941 (pari, 
              come detto, ad euro 337,62, secondo la stima effettuata dal 
              consulente tecnico), il rimettente ritiene sussistenti profili di 
              non manifesta infondatezza della sollevata questione, potendosi 
              supporre violato il principio costituzionale di tutela della 
              proprietà privata (art. 42, secondo e terzo comma, Cost.), oltre 
              che il principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.). 
                  Pur 
              tenendo conto, infatti, che l'affrancazione determina la sola 
              acquisizione del dominio diretto e che i concedenti hanno goduto 
              dei canoni, ritiene il giudice a quo che vi sia un limite 
              al di sotto del quale le regole che determinano il capitale per 
              l'affrancazione contrastino con l'art. 42, secondo e terzo comma, 
              della Costituzione, poiché vi sarebbe una distanza incolmabile tra 
              il momento al quale va riferito il calcolo del valore del diritto 
              di affranco, ancorato ad un canone pattuito in un tempo remoto, ed 
              il momento in cui il diritto da indennizzare viene effettivamente 
              colpito, caratterizzato da una realtà economica incomparabilmente 
              diversa. 
                  
              Proprio sulla scia di tali considerazioni, del resto, la Corte 
              costituzionale, con la sentenza n. 143 del 23 maggio 1997, 
              dichiarando in parte qua l'illegittimità costituzionale 
              dell'art. 1 della legge n. 607 del 1966, ha ritenuto di estendere 
              alle enfiteusi rustiche costituite in epoca anteriore al 28 
              ottobre 1941 il principio già enunciato nella precedente pronuncia 
              n. 406 del 1988 per i rapporti enfiteutici della stessa natura 
              successivi alla suddetta data, principio secondo cui il valore di 
              riferimento prescelto per tutte le enfiteusi di natura rustica ai 
              fini della determinazione del canone in base al quale è calcolato 
              il capitale per l'affrancazione deve essere «periodicamente 
              aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di 
              maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole 
              approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà 
              economica». 
                  
              Considerata la linea evolutiva che la Corte costituzionale ha 
              tracciato nel tempo per la disciplina delle enfiteusi rustiche, 
              oggettivamente distinta ma in un certo senso simmetrica rispetto a 
              quella delle enfiteusi urbane, gli artt. 5 e 6 della legge n. 1138 
              del 1970 sembrano al Collegio rimettente violare anche il 
              parametro costituito dall'art. 3 della Costituzione, e ciò sotto 
              un duplice profilo. 
                  Da un 
              lato, infatti, non si rinviene una ragionevole giustificazione 
              alla base della disparità di trattamento attualmente esistente per 
              la determinazione del capitale di affranco delle enfiteusi urbane 
              ed edificatorie anteriori al 28 ottobre 1941, per le quali il 
              valore di riferimento è un canone pattizio inalterabile, rispetto 
              alle enfiteusi urbane posteriori alla stessa data, in relazione 
              alle quali il congegno legislativo in esame è stato espressamente 
              dichiarato incostituzionale (sentenza n. 53 del 1974), e ciò 
              tenuto conto del fatto che la regola della revisione periodica del 
              canone introdotta dall'art. 962 del codice civile, che aveva così 
              innovato la tradizione preesistente recepita dal codice civile del 
              1865, è stata soppressa anche per le nuove enfiteusi in ragione 
              dell'art. 4 della legge n. 1138 del 1970, e che «comune a tutti i 
              rapporti enfiteutici, anzi più accentuato per quelli costituiti in 
              epoca remota, è il divario tra il capitale di affrancazione e la 
              realtà economica» (così testualmente la citata sentenza n. 143 del 
              1997, nella quale la Corte ha espressamente escluso una 
              ragionevole giustificazione nella «diversità di trattamento che 
              risulta nelle regole di determinazione del capitale di affranco 
              per le enfiteusi rustiche anteriori al 28 ottobre 1941, per le 
              quali non è previsto alcun meccanismo di adeguamento del calcolo 
              in base ai valori catastali del 1939, rivalutati nel 1947, 
              rispetto alle enfiteusi rustiche costituite successivamente alla 
              data che segna il discrimine, e per le quali opera a seguito della 
              sentenza n. 406 del 1988 il principio dell'applicazione di un 
              coefficiente di maggiorazione»). 
                  
              Dall'altro lato, proprio a séguito della sentenza n. 143 del 1997, 
              appare plausibile, secondo il giudice a quo, dubitare della 
              legittimità costituzionale di un sistema che, mentre per i 
              rapporti enfiteutici fondiari anteriori alla data del 28 ottobre 
              1941, prevede un meccanismo che consente di mantenere adeguata, 
              con ragionevole approssimazione, la corrispondenza tra capitale di 
              affranco ed effettiva realtà economica (sentenza n. 143 del 1997), 
              ciò non consente, allo stato della legislazione attuale, per i 
              rapporti enfiteutici urbani ed edificatori anteriori alla stessa 
              data del 28 ottobre 1941, rimasti tuttora ancorati ai rigidi 
              parametri di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 1138 del 1970, in 
              relazione ai quali non sussistono margini interpretativi proprio 
              in ragione del chiaro principio fissato nella sentenza della Corte 
              costituzionale n. 53 del 1974, che ha espressamente limitato la 
              declaratoria di incostituzionalità delle norme in esame alle sole 
              enfiteusi urbane successive alla data individuata come discrimine. 
 
              
              Considerato in diritto 
                  1. – 
              Il Tribunale ordinario di Ferrara dubita della legittimità 
              costituzionale degli artt. 5 e 6
              della legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme 
              in materia di enfiteusi), nella parte in cui, per i rapporti di 
              enfiteusi urbana ed edificatoria costituiti anteriormente al 28 
              ottobre 1941, non prevedono che il valore di riferimento per la 
              determinazione del capitale ai fini dell'affrancazione delle 
              stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di 
              coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con 
              una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la 
              effettiva realtà economica. Le norme censurate si porrebbero in 
              contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per la ingiustificata 
              disparità di trattamento, quanto alla determinazione del capitale 
              di affranco, tra le enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 
              28 ottobre 1941, per le quali il valore di riferimento è un canone 
              pattizio inalterabile, e quelle urbane posteriori alla stessa 
              data, in relazione alle quali il congegno legislativo in esame è 
              stato espressamente dichiarato incostituzionale (sentenza n. 53 
              del 1974). Inoltre, le norme denunciate violerebbero l'art. 42, 
              secondo e terzo comma, della Costituzione, in quanto, pur 
              tenendosi conto del fatto che l'affrancazione determina la sola 
              acquisizione del dominio diretto e che i concedenti hanno goduto 
              dei canoni, vi sarebbe un limite al di sotto del quale le regole 
              che determinano il capitale per l'affrancazione contrastano con 
              l'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal momento 
              che vi sarebbe una distanza incolmabile tra il momento cui va 
              riferito il calcolo del valore del diritto di affranco, ancorato 
              ad un canone pattuito in un tempo remoto, ed il momento in cui il 
              diritto viene effettivamente colpito, caratterizzato da una realtà 
              economica incomparabilmente diversa. 
                  2. – 
              La questione è fondata. 
                  In 
              materia di enfiteusi si distinguono: a) le enfiteusi 
              rustiche costituite anteriormente al 28 ottobre 1941; b) 
              quelle rustiche costituite successivamente al 28 ottobre 1941; 
              c) le enfiteusi urbane costituite prima del 28 ottobre 1941;
              d) quelle urbane costituite dopo il 28 ottobre 1941. 
                  Nel 
              codice civile del 1865, non era prevista la rivalutazione del 
              canone. 
                  Dal 28 
              ottobre 1941 sono entrate in vigore le norme in tema di enfiteusi 
              dell'attuale codice civile, che consentivano una sia pur limitata 
              rivalutazione.  
                  Nel 
              1952 è poi entrata in vigore la legge 1° luglio 1952, n. 701 
              (Norme in materia di revisione di canoni enfiteutici e di 
              affrancazione), che all'art. 1, primo comma, stabilisce che «I 
              canoni in danaro di enfiteusi costituite anteriormente al 28 
              ottobre 1941 sono aumentati a sedici volte l'ammontare dovuto a 
              quella data». 
                  
              Successivamente, sono entrate in vigore, nel 1966, la legge 22 
              luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
              fondiarie perpetue), che ha abolito la possibilità di aumentare il 
              canone, e, nel 1970, la legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove 
              norme in materia di enfiteusi), il cui art. 5 (oggi censurato) 
              dispone che il canone delle enfiteusi urbane non può essere 
              rivalutato («Il canone annuo delle enfiteusi urbane ed 
              edificatorie non può essere superiore a quello fissato all'inizio 
              del rapporto enfiteutico salva, per i rapporti istituiti 
              anteriormente al 28 ottobre 1941, la rivalutazione di cui alla 
              legge 1° luglio 1952, n. 701»). 
                  Il 
              successivo art. 6 della stessa legge n. 1138 del 1970, parimenti 
              censurato, stabilisce, poi, che «il canone di cui all'articolo 
              precedente può essere in ogni caso rivalutato, a richiesta della 
              parte interessata, in misura proporzionale al mutato potere di 
              acquisto della lira quale risulta dalle statistiche dell'ISTAT, 
              dal 1° gennaio 1963». 
                  Gli 
              artt. 5 e 6 sono stati dichiarati incostituzionali con la sentenza 
              n. 53 del 1974 limitatamente alla parte in cui comprendono anche i 
              rapporti di enfiteusi urbana ed edificatoria costituiti 
              successivamente alla data del 28 ottobre 1941. 
                  
              Pertanto, questi due articoli rimangono in vigore solo per le 
              enfiteusi urbane che sono state costituite prima del 28 ottobre 
              1941. 
                  Nel 
              corso degli anni sono state sollevate diverse questioni di 
              legittimità costituzionale aventi ad oggetto la modestia del 
              capitale di affrancazione. 
                  Per le 
              enfiteusi, sia rustiche che urbane, successive al 28 ottobre 1941, 
              questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale 
              dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974, n. 270 (Norme in materia 
              di enfiteusi) nella parte in cui non prevedeva che il valore di 
              riferimento da esso prescelto per la determinazione del canone 
              enfiteutico fosse periodicamente aggiornato mediante 
              l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a 
              mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la 
              corrispondenza con la effettiva realtà economica (sentenza n. 406 
              del 1988). 
                  
              Analogamente, con riferimento alle enfiteusi rustiche costituite 
              anteriormente al 28 ottobre 1941 è stata dichiarata 
              l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo e quarto comma, 
              della legge n. 607 del 1966, nella parte in cui non prevedeva che 
              il valore di riferimento per la determinazione del capitale per 
              l'affrancazione delle stesse fosse periodicamente aggiornato 
              mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a 
              mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la 
              corrispondenza con la effettiva realtà economica (sentenza n. 143 
              del 1997). 
                  
              Partendo dal precedente del 1988, la Corte, con la sentenza n. 143 
              del 1997, ha affermato che «la diversità di trattamento che 
              risulta nelle regole di determinazione del capitale di affranco 
              per le enfiteusi anteriori al 28 ottobre 1941, per le quali non è 
              previsto alcun meccanismo di adeguamento del calcolo in base ai 
              valori catastali del 1939, rivalutati nel 1947, rispetto alle 
              enfiteusi costituite successivamente alla data che segna il 
              discrimine, e per le quali opera a seguito della sentenza n. 406 
              del 1988, il principio dell'applicazione di un coefficiente di 
              maggiorazione, non trova ragionevole giustificazione. Difatti la 
              regola della revisione periodica del canone, originariamente 
              prevista dall'art. 962 cod. civ. solo per le nuove enfiteusi, è 
              stata soppressa anche per queste ultime (art. 18, secondo comma, 
              della legge n. 607 del 1966), mentre comune a tutti i rapporti 
              enfiteutici, anzi più accentuati per quelli costituiti in epoca 
              remota, è il divario tra il capitale di affrancazione e la realtà 
              economica». 
                  A 
              seguito delle richiamate pronunce, per tre delle quattro ipotesi 
              di enfiteusi (enfiteusi rustiche costituite prima e dopo il 28 
              ottobre 1941; enfiteusi urbane costituite dopo il 28 ottobre 
              1941), è stata affermata l'incostituzionalità delle norme che non 
              prevedono l'aggiornamento del valore di riferimento per la 
              determinazione del capitale per l'affrancazione, rimanendo in 
              vigore, peraltro, il divieto di aggiornamento solamente per le 
              enfiteusi urbane costituite prima del 28 ottobre 1941. 
                  La 
              diversità di trattamento che risulta nelle regole di 
              determinazione del capitale di affrancazione per le enfiteusi 
              urbane anteriori al 28 ottobre 1941 non trova dunque ragionevole 
              giustificazione, ed è, perciò, in contrasto con gli artt. 3 e 42, 
              secondo e terzo comma, della Costituzione. 
                  Non vi 
              è, infatti, a parte il diverso oggetto, una differenza tra 
              enfiteusi urbane e rustiche che possa giustificare un distinto 
              criterio per la determinazione del capitale di affrancazione; 
              infatti per entrambe è previsto in capo all'enfiteuta un obbligo 
              di migliorare il fondo, e anzi i concessionari in enfiteusi di 
              immobili urbani o di suoli edificatori non appartengono, di 
              massima, a categorie sociali più deboli e meritevoli di protezione 
              rispetto a quelle dei concedenti enfiteusi rustiche (in questo 
              senso cfr. sentenza n. 53 del 1974). 
              
              per questi 
              motivi 
              LA CORTE 
              COSTITUZIONALE 
                  
              dichiara 
              
              l'illegittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge 18 
              dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi), 
              nella parte in cui, per le enfiteusi urbane costituite 
              anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevedono che il valore di 
              riferimento per la determinazione del capitale per l'affrancazione 
              delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione 
              di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con 
              una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la 
              effettiva realtà economica. 
                  Così 
              deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo 
              della Consulta, il 7 maggio 2008. 
              F.to: 
              Franco 
              BILE, Presidente 
              Alfio 
              FINOCCHIARO, Redattore 
              Giuseppe 
              DI PAOLA, Cancelliere 
              Depositata 
              in Cancelleria il 20 maggio 2008. 
              Il 
              Direttore della Cancelleria 
              F.to: DI 
              PAOLA |