CERTIFICAZIONE DEI RAPPORTI

 

D: Cosa è la certificazione?

R: E’ uno strumento ipotizzato dall’art. 75 finalizzato alla riduzione del contenzioso giudiziale.

 

D: Quali sono i rapporti che possono essere certificati?

R. Lavoro intermittente, lavoro ripartito, tempo parziale, lavoro a progetto, associazione in partecipazione, rapporti disciplinati dal regolamento delle società cooperative (art. 83) e appalto genuino (art. 84).

 

D: La procedura ipotizzata ha natura sperimentale?

R: Sì (art. 86, comma 12) dopo 18 mesi dall’entrata in vigore il Ministro del Lavoro e  delle Politiche Sociali si riserva ogni valutazione da rimettere al Parlamento.

 

D: Chi sono gli organi di certificazione?

R: L’art. 76 li individua in commissioni istituite presso gli Enti bilaterali, le Direzioni provinciali del Lavoro, le Province e le Università.

 

D: Quale è la competenza territoriale?

R: Si fa riferimento al luogo ove insiste l’azienda o dove opererà il lavoratore.

 

D: Come funziona la certificazione?

R: La disposizione non è ancora operativa in quanto occorre un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali per la determinazione delle modalità di funzionamento.

 

D: Come inizia la procedura?

R: Essa presuppone un’istanza ad uno degli organismi individuati sottoscritta volontariamente da entrambe le parti.

 

D: Quali regole sono tenuti a seguire gli organi di certificazione?

R: Sono tenuti a seguire il c.d. “codice di buone pratiche” adottato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con proprio decreto entro il 23 aprile 2004. In esso dovrebbero trovare riferimento (comma 4 dell’art. 78) le clausole indisponibili, con riferimento ai diritti economici e normativi e le eventuali indicazioni provenienti dagli accordi interconfederali.

 

D: Entro che termine l’organismo di certificazione è tenuto a decidere?

R: Entro 30 giorni dall’istanza.

 

D: Quale è l’iter procedimentale?

R: Anche se la certificazione è chiesta agli altri organismi l’inizio va comunicato alla Direzione provinciale del Lavoro che sia per le sue richieste che per quelle avanzate agli altri Enti deve notificare l’istanza a tutte le autorità pubbliche (INPS, INAIL; ENPALS, ecc.) nei confronti delle quali l’atto certificativo è destinato a produrre effetti. Questi Istituti devono produrre le loro osservazioni .

 

D: Come deve essere l’atto di certificazione?

R: Motivato e contenere il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere, oltre agli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali.

 

D: E’ possibile il ricorso al TAR?

R: Sì, entro 60 giorni per violazione di legge o eccesso di potere, anche nel caso che la certificazione sia avvenuta presso l’Ente bilaterale (soggetto privato), atteso che il provvedimento emanato può essere considerato come proveniente da un “incaricato di pubblico servizio”.

 

D: E’ possibile il ricorso al Presidente della Repubblica?

R: Sì, entro 120 giorni.

 

D: E’ possibile il ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro?

R: Sì, per vizio di consenso, per erronea qualificazione del rapporto o difformità del programma effettivo rispetto a quello certificato.

   

D: Gli atti certificati vanno conservati?

R: Sì, presso l’Ente certificatore fino ai 5 anni successivi alla scadenza del contratto.

 

D: Possono essere inviati, a richiesta, ai centri per l’impiego  ed agli Istituti previdenziali ai fini della documentazione dell’occupazione lavorativa?

R: Sì.

 

D: Quale è l’efficacia giuridica della certificazione?

R: Essa ha “piena forza di legge “ (art. 5, lettera a, legge n. 30/2003) e dispiega i propri effetti sia verso gli Enti previdenziali che verso i terzi.

 

D: Può essere impugnata l’efficacia?

R: Sì, da ciascuna parte o dai terzi nella cui sfera giuridica abbia prodotto effetti, con ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro.

 

D: E’ esperibile il tentativo di conciliazione?

R: Sì, ed è obbligatorio, avanti alla commissione dell’organo certificatore, il cui accordo, in caso di soluzione positiva, gode della inoppugnabilità, trovando applicazione la procedura prevista dall’art. 410 cpc.

 

D: Fino a quando dura l’efficacia?

R. Fino alla eventuale sentenza di merito, fatti salvi i provvedimenti cautelari..

 

D: Se la qualificazione del rapporto è stata erronea quali sono le conseguenze giudiziali?

R: L’accertamento giudiziale ha efficacia dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale.

 

D: Se è stata accertata la difformità tra programma concordato ed effettiva realizzazione, quali sono le conseguenze?

R: La sentenza ha effetto dal momento in cui è stata accertata la difformità.

 

D: Come è valutato dal giudice  il comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione?

R: Esso può essere valutato ai fini della liquidazione delle spese di giudizio alla luce delle previsioni contenute negli articoli 92 (condanna alla spese per singoli atti e compensazione delle spese) e 96 (responsabilità aggravata) cpc.

 

D: E’ vero che gli organi certificatori possono svolgere attività di consulenza ed assistenza alle parti?

R: Sì, l’art. 81 affida alle sedi di certificazione funzioni di consulenza ed assistenza, sia in relazione alla stipula del contratto di lavoro, che del programma negoziale che delle modifiche al programma stesso, anche in relazione alla disponibilità dei diritti ed alla esatta qualificazione del rapporto.

 

D: L’attività di consulenza è gratuita?

R: Sì.

 

D. La procedura di certificazione riguarda il regolamento delle cooperative?

R. Sì (art. 83).

   

D: Quale è l’organo certificativi?

R: E’ una commissione specifica istituita presso la Direzione provinciale del Lavoro o la Provincia. Essa è presieduta da un presidente indicato dalla Provincia e da rappresentanti delle associazioni di assistenza, tutela e rappresentanza del movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali, comparativamente più rappresentative (in forma paritetica).

 

D: E’ possibile certificare l’appalto?

R: Sì (art. 84), sia prima che inizi che durante il suo svolgimento.

 

D: Quali saranno i criteri della certificazione?

R: Quelli individuati dal c.d. “codice di buone pratiche”, emanato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, contenete indici presuntivi in materia di interposizione illecita e di appalto genuino i quali tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione e dell’assunzione del rischio tipico d’impresa da parte dell’appaltatore.